Antonella Colonna Vilasi, Un conflitto
"atipico": l'embargo statunitense a Cuba, prefazione di Giuseppe
Carlo Marino, Edizioni Universitarie Romane 2008
Francamente non credo che mi si sia stata richiesta questa breve
nota contando su un qualche mio specifico sapere sull’argomento. E’
ben più probabile che si sia voluto chiamarmi in causa per le mie
generali competenze di studioso, di storico, del potere. E’ qui
all’attenzione, infatti, proprio una questione che, in generale, si
direbbe appunto di "potere", essendo l’imposizione dell’embargo uno
dei modi di attuazione del dominio delle grandi potenze e delle loro
strutture di egemonia nello scenario delle relazioni, e dei
conflitti, tra gli Stati.
Detto questo, ritengo che non renderei un buon
servizio all’autrice se le attribuissi la presunzione di avere
scritto in proposito un vero e proprio saggio, un saggio del tutto
esauriente e "tecnicamente" conforme alle consuete regole della
saggistica accademica. Invero, Antonella Colonna Vilasi si è
piuttosto preoccupata di delineare un percorso di analisi, ovvero,
se si preferisce, di segnare con piena consapevolezza soltanto un
itinerario di dati essenziali, ai fini di un’informazione che i
lettori potranno approfondire avvalendosi della puntuale
bibliografia esplicitamente indicata in calce.
Da studioso dell’età contemporanea, ho ben
presente la lunga pratica dell’embargo nel XX secolo, una pratica
ricorrente – adottata ora da organizzazioni quali la SdN e l’ONU,
ora da singole grandi potenze (ma mi pare che, in questo caso, si
sia trattato quasi esclusivamente degli USA) – come misura
sanzionatoria nei confronti di Stati ritenuti responsabili di
violazioni del diritto internazionale o comunque messi sotto accusa,
quasi sempre con assai unilaterale e capzioso giudizio, quali reali
o presunti trasgressori delle regole convenute per la tutela del
cosiddetto "ordine mondiale". In realtà, quali che ne siano le
particolari e speciose motivazioni, l’embargo si concretizza in un
blocco (parziale o totale) degli scambi commerciali mediante il
quale sono di norma le grandi potenze ad esercitare una drastica
azione – ben più che di semplice condizionamento e di isolamento e
di interdizione, addirittura di "strangolamento"– nei confronti di
Stati ostinatamente avversi alle loro pretese di egemonia e,
pertanto, di volta in volta stigmatizzati come "eversivi" o comunque
minacciosi per la pace. Questo, con giudizi che spesso, oltre ad
essere politicamente sommari, corrispondono a strategie
propagandistiche e sono alimentati da una forte carica di avversione
ideologica.(si pensi, per esempio, all’immaginifica rappresentazione
dei cosiddetti "Stati-canaglia" proposta dall’attuale
amministrazione americana).
Non è azzardato ravvisare nell’imposizione
dell’embargo l’attivazione di una sostanziale azione di guerra in
una forma di per sé non militare, ma assai frequentemente con i
caratteri più o meno accortamente "giustificati" (o occultati) di
una pratica imperialistica. Caratteri, questi, certamente ben
visibili nel caso specifico di cui qui si occupa Antonella Colonna
Vilasi: quello, appunto, dell’interminabile embargo imposto
unilateralmente dagli USA, fin dal 1962, alla repubblica cubana.
Circa l’unilateralità, e la conseguente
arbitrarietà, del tenace tentativo di "strangolamento" così
perseguito ai danni del popolo cubano, basti ricordare che per ben
sedici volte, dal 1982, l’ONU ne ha chiesto formalmente la
sospensione con risoluzioni approvate a larga maggioranza che
tuttavia non hanno prodotto effetti di alcun genere sulla politica
statunitense.
C’è da sperare che finalmente, essendosi conclusa
ormai da oltre un ventennio la guerra fredda, gli USA si dispongano
a dare attuazione a tali risoluzioni? In proposito sembra ancora
persistente un loro orientamento elusivo, con una non rimossa
attenzione , dai caratteri paraimperialistici, ad una strenua difesa
degli interessi geopolitici nell’area dei Caraibi: il presidente
George W. Bush si è detto intenzionato a verificare l’esistenza di
una "completa transizione di Cuba alla democrazia" quale conditio
sine qua non per liberarla dal peso schiacciante delle sanzioni.
Si vedrà. Intanto, sollevano delle speranze sia le evoluzioni della
situazione cubana al segno delle "aperture" e delle riforme
avviatesi con la gestione del presidente Raul Castro, sia le
previsioni di novità per la politica statunitense da collegare alle
prossime elezioni presidenziali.
In sede di sommario giudizio storico sull’intera
vicenda, non resta che rilevare l’importanza – simbolica oltre che
politica, e non minimamente appannata dal cambiamento dei tempi –
della quasi cinquantenaria testimonianza di resistenza
all’imperialismo resa con fierezza, e con inenarrabili sofferenze,
dalla piccola repubblica popolare cubana alla grande potenza
americana: si potrebbe ben dire, una specie di epica resistenza di
Davide a Golia. Antonella Colonna Vilasi ne possiede una lucida
consapevolezza e la trasfonde con misura nel suo testo, tanto breve
quanto utile per avviare una riflessione critica, una riflessione
"laica", sull’embargo, su tutti gli embarghi, persino al di là del
caso cubano.
Giuseppe Carlo Marino, professore di storia
contemporanea, facoltà di Scienze Politiche a Palermo